Da quando ho iniziato a scrivere il blog, prendo appunti sui vari spunti di cui voglio parlare e oggi la mia attenzione è calata su questo argomento che era segnato nel mio taccuino sotto forma di domanda "perché fai Grafologia?". E' una bella domanda che ha tante risposte.
Sono sempre stata una persona molto introversa e l'idea di poter leggere nel pensiero delle persone per capirle, mi ha sempre affascinata, ma la Psicologia non è mai stata una strada percorribile, sebbene la trovi spesso nelle mie letture.
Il gesto grafico, sotto forma di disegno, mi ha sempre aiutata ad esprimermi, da un lato. Dall'altro lato, l'arte mi ha aiutata dal punto di vista contemplativo, visto che mi restituiva meraviglia e fantasie. L'osservazione di un'opera d'arte è stratificata esattamente come lo studio di una grafia: la percezione dei dettagli è sistematica, in base al metodo, ma c'è anche una parte che viene guardata col cuore o di "pancia", in quanto essenza della persona che l'ha prodotta. Ho sempre guardato l'arte come qualcosa di meraviglioso a cui ispirarmi, tant'è che quand'ero piccola mi chiudevo nel mio mondo e disegnavo, molto spesso a matita. Mi ritrovo a fare lo stesso con le grafie: "cosa mi piace, cosa non mi piace e perché?" sono tre domande che guidano sempre il mio pensiero, ma non nel giudicare la persona che ho davanti, bensì nella mia crescita personale. Sì, lo ammetto, è anche un atto di egoismo, perché, diciamocelo, non tutte le grafie sono "belle" allo stesso modo. Il grafologo esperto però sa che quando una grafia colpisce così forte tanto da arrivare a definirla "brutta", evita di fare la restituzione perché sa che non sarebbe oggettivo, oppure lavora su se stesso per capire cosa stride con quanto ha d'innanzi. Non ci si riesce sempre, ma si prova.
La grafologia era la cosa più reale, complicata e creativa che si avvicinava a questo mio desiderio, assieme alla lettura del linguaggio del corpo. Ho iniziato la scuola appena ho finito la laurea e ho gustato ogni secondo del biennio di formazione generale.
Ma torniamo indietro: a 19 anni mi sono iscritta all'Università, cercando la facoltà che mi rendesse la vita meno complicata possibile e si avvicinasse di più alle cose che mi piacevano all'epoca, in base al mio livello di autostima e senso di autoefficacia. Ho scelto un ramo di Lettere e Filosofia che avesse a che fare con la storia dell'arte, materia a me cara durante tutto l'arco delle superiori, e sono partita: ho fatto vari esami, sono andata in Erasmus, poi sono tornata, ho iniziato a lavorare in piscina come istruttrice di nuoto e mi sono arenata.
Per un periodo ho pensato di cambiare facoltà e iscrivermi a Psicologia, ma alla fine non ho avuto la forza di prendere questa decisione e, con grande fatica, ho terminato la mia laurea triennale in Progettazione e Gestione del Turismo Culturale in soli 😅 8 anni. Me ne vergogno molto, ma ormai è passato. E' stato un percorso che ha significato molto e allo stesso tempo molto poco: quando ho finito, non mi è rimasto nulla, neanche la gioia di pensare "ce l'ho fatta, mi sono laureata"... non volevo nemmeno festeggiare perché m'importava solo di aver finito una cosa cominciata. E' stato un percorso che ho mal digerito e di cui non vedevo l'ora di liberarmi perché era una cosa che avevo sulla coscienza. Resistere, ad ogni costo.
Poi ho iniziato il percorso di grafologia, perché mi piaceva l'idea di poter lavorare in un ramo così affascinante e fare il perito per il tribunale era intrigante, così a distanza di poche settimane dalla discussione della tesi mi sono iscritta alla scuola di grafologia. Non sentivo mai la stanchezza, cosa per me fuori dal mondo, visto che mi stanco e mi annoio con grande facilità. La grafologia ha il potere di affascinarmi e farmi incazzare allo stesso tempo, perché è interessante, magica, ma non si capisce se abbia o meno tutte le risposte.
La grafologia mi ha insegnato che esistono quattro temperamenti contrapposti che emergono dalla scrittura e devono essere in equilibrio tra loro affinché l'essere umano abbia un suo equilibrio interiore ed esteriore: RESISTENZA e CESSIONE, la coppia a me più cara, poi ASSALTO e ATTESA.
Una bella scrittura è ricca di segni e soprattutto bilanciata nei temperamenti. Quando si trovano scritture bilanciate, è un po' come trovare un tesoro.
Ogni temperamento ha qualcosa da insegnarci e non ce n'è uno di più bello rispetto ad un altro. I segni della Cessione sono stati quelli che ho fatto più fatica a studiare e a capire perché per me "cedere" è sempre stato connotato da un'aura di fallimento, invece il vero fallimento, per me e per la mia esperienza, è quello di non riconoscere che avevo sbagliato strada e che mi stavo affossando da sola. Non avevo ancora capito che "cedere", "lasciare perdere" è più importante che insistere. "Lasciare andare" fa parte delle cose che dobbiamo imparare nella vita, per aiutarla a scorrere. Il fiume è sano quando può procedere. L'ho capito quando ho letto il segno Fluida per la prima volta e poi ho visto che faceva parte del temperamento della Cessione. Sono rimasta sconvolta, continuavo a ripetermi che non era possibile che un segno così bello e raro da trovare facesse parte del temperamento che più odiavo. Poi l'ho accettato ed infine, ho capito.
Con la grafologia e col tempo, ho capito perché avrei dovuto mollare per fare altro, ma non avevo abbastanza strumenti per capirlo e soprattutto non mi volevo abbastanza bene per agire. Fa niente, l'importante è aver capito la lezione.
panta rhei
Ti ringrazio per aver letto questi pensieri,
Un grafosaluto da
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